Dopo la condivisione della preoccupazione collettiva, la seconda fase è stata quella di individuare un cammino e non è stato facile all’inizio, poi, più si prende coscienza di sé e dei propri comportamenti quotidiani, più si individuano possibili azioni virtuose. Abbiamo chiamato un ricercatore di fisica, che ora è parte attiva di I Care, che ci potesse aiutare a circoscrivere gli ambiti di intervento; abbiamo esaminato e studiato le nostre bollette e cambiato fornitori di energia elettrica; abbiamo piantato alberi; abbiamo iniziato a guidare più piano (molto più piano, con maggior distanze di sicurezza, riducendo al limite le frenate) per fare fino a 80 km in più per pieno; abbiamo comprato 3 scooter elettrici per muoverci spostando meno peso; abbiamo fatto un gioco di ruolo sul cambiamento climatico; abbiamo partecipato ad incontri tematici che ci potessero aiutare a studiare ed inquadrare la questione climatica; stiamo cercando di stimolare l’installazione di mostre climatiche da parte di gruppi giovanili (chissà se riusciremo mai); stiamo cercando di fare, ma ancor più importante promuovere, comunità energetiche. Non è strano che non ci abbiate trovato online, in effetti siamo poca cosa, una chat che si allarga e si comprime, giovani e non, religiosi ed atei. Come tutte le organizzazioni umane siamo soggetti ad una partecipazione ondivaga e scostante, per fortuna però, siamo anche un piccolissimo gruppo di amici che gode nel trovarsi, pensare e fare cose e questo, per adesso, ci permette di lasciare acceso il lumino di questo porto di mare, I Care, che tutti possono abitare anche solo per una notte. Un saluto affettuoso e un grazie di cuore per quello che anche voi cercate di fare per la casa comune.” Massimo
PS: Ora prendo lezioni di Inglese con alcuni amici di I Care da una donna Ucraina, Oksana, ex insegnante di inglese scappata dal conflitto, purtroppo continuo a non capir nulla.